Fibonacci avrebbe usato l’AI? 

Con quale vantaggi?

Se pensate che Leonardo da Vinci fosse il primo a vedere cose che gli altri neanche immaginavano, dovreste fare un salto indietro al 1202, quando un certo Leonardo Pisano, meglio noto come Fibonacci, scrisse il Liber Abaci. In un’epoca in cui molti contavano ancora con le dita e il pallottoliere, lui introdusse in Europa le cifre arabe, lo zero e soprattutto un’idea rivoluzionaria: una successione di numeri che cresce sommando sempre i due precedenti. (Da questo nasce anche il famoso problema dei conigli: quante coppie nasceranno in un anno se ogni mese le coppie fertili ne producono un’altra?)

Una curiosità matematica? Macché. Quella sequenza che parte da 0, 1, 1, 2, 3, 5, 8… oggi la troviamo ovunque nella natura: nei semi dei girasoli, nelle spirali delle conchiglie, nella disposizione delle foglie intorno a un fusto. E no, Fibonacci non aveva un drone o una lente macro per studiare i fiori: aveva qualcosa di più raro, soprattutto nel Medioevo — apertura mentale.

Era un innovatore che attingeva a tradizioni arabe, indiane e classiche per migliorare la vita quotidiana.

La natura non è perfetta, è efficiente per evoluzione. Fibonacci lo intuì senza Excel e il suo pensiero, amplificato dall’AI, avrebbe potuto cambiare il mondo ancora di più.

Riuscire a vedere oltre.

Mentre la maggior parte delle persone si arrovellava per dividere pani e pesci nei conti del mercato, lui già intravedeva schemi universali. Era uno che collegava l’aritmetica all’agricoltura, la geometria alla vita quotidiana. In pratica, un “data scientist” medievale, con la sola differenza che i suoi dataset erano… i campi coltivati.

Se avesse avuto a disposizione un’intelligenza artificiale? Avrebbe risparmiato anni di calcoli a mano. Forse avrebbe addestrato un modello per studiare la crescita delle piante, scoprendo in tempo reale quello che i botanici hanno confermato secoli dopo: l’angolo aureo di 137,5°, il modo più efficiente con cui le foglie si dispongono per catturare la luce.

Fibonacci e l’AI: un’accoppiata esplosiva

Immaginatelo con un laptop (magari un po’ meno pesante dei tomi del Liber Abaci):

• avrebbe simulato milioni di scenari di coltivazione per ottimizzare i raccolti,

• avrebbe compreso la logica delle spirali in un pomeriggio anziché in una vita,

• e, conoscendo la sua curiosità, forse avrebbe applicato la sequenza ai mercati finanziari, anticipando di qualche secolo Wall Street.

Ecco la differenza tra i visionari e i professoroni: i primi cercano connessioni dove gli altri vedono solo numeri, i secondi arrivano dopo a spiegare che “era ovvio”.

Una lezione per noi

La natura ci insegna che non serve la perfezione, serve l’efficienza evolutiva. Fibonacci lo intuì senza microscopi, senza software, solo con la forza del pensiero. 

Oggi noi abbiamo strumenti che lui avrebbe adorato: l’intelligenza artificiale. Non per sostituire l’uomo, ma per ampliare quello che già possiamo vedere, per accelerare intuizioni che altrimenti richiederebbero decenni.

Così come le spirali del girasole seguono un ordine che massimizza lo spazio, anche l’AI può aiutarci a sfruttare meglio risorse, energie e idee. Non sarà perfetta, ma è il nostro “angolo aureo” per affrontare le sfide future.

Se Fibonacci fosse qui, probabilmente sorriderebbe. E dopo aver fatto due domande spiazzanti agli ingegneri di OpenAI, si metterebbe a smanettare con un modello di machine learning, pronto a tirar fuori una nuova teoria che cambierebbe ancora una volta il nostro modo di vedere il mondo.

E noi? 

Beh, possiamo almeno avere la stessa apertura mentale che lui ebbe ottocento anni fa. 

Perché se la natura ha trovato le sue spirali auree e Fibonacci le ha sapute leggere, l’AI è la nostra occasione aurea di oggi

Sta a noi non sprecarla. 🌻🤖