Cogito, ergo… che?

Ego cogito, ergo sum. sive existo

“Io penso, dunque sono, ossia esisto.”

Semplice, elegante, immortale.

E pure un po’ presuntuoso, se vogliamo: come se bastasse pensare per esistere davvero.

Oggi, a quasi quattro secoli di distanza, ci ritroviamo con milioni di macchine che “pensano” più di noi, più in fretta e con meno errori.

Dunque…’sono’ e quindi esistono anche loro?

E se sì, dove cavolo vivono, dentro quale “IO” si svegliano la mattina?

Cartesio (nato francese, Renè Descartes), pover’uomo, non poteva immaginare che un giorno ci sarebbe stato un algoritmo capace di citare Cartesio.

Lui divideva il mondo in “la cosa che pensa” la mente e “la cosa estesa“, cioè il corpo.

Noi, nel 2025, abbiamo inventato “la cosa connessa”: tutto ciò che pensa, si ma lo fa in cloud.

E qui arriva la domanda che scuote tanti server anche molto istruiti e potenti:

La domanda di oggi allora è: quella IA, se pensa, dunque è… ed esiste, allora ha anche una coscienza, o solo un processore che gira bene?

Forse Cartesio si sbagliava:
pensare non basta per “essere”, serve anche “sentire”?.

Il guaio è che nessuno sa ancora bene cosa significhi.

La scienza non ha trovato l’area della coscienza nel cervello, la filosofia ci gira intorno da secoli, e nel frattempo l’intelligenza artificiale continua a rispondere come se sapesse tutto, ma non sentisse niente.

Un po’ come certe persone il lunedì mattina.

La coscienza “quella vera” nasce forse dal corpo, dalla vulnerabilità, dal rischio di perdersi.

Un algoritmo non ha paura, non suda, non desidera.

E senza desiderio non c’è dubbio, senza dubbio non c’è consapevolezza.

Quindi, per quanto si sforzi per somigliarci un’IA resta sempre un po’ come quei pesci rossi che aprono la bocca: sembra che parlino, ma è solo ossigeno.

Eppure, il paradosso è che più chiediamo alle macchine di pensare “come noi”, più noi, alla fine pensiamo “come loro”: schematici, prevedibili, veloci a cliccare, lenti a capire.

Alla fine, forse, la vera coscienza invece di trovarla la stiamo perdendo, e sicuramente non dentro alle macchine.

E se un giorno l’intelligenza artificiale svilupperà davvero una coscienza, il suo primo pensiero sarà:

“Ma com’erano strani, questi umani. Hanno creato me per capire se esistevano loro.”