C’era una volta un proiettile.
Viaggiava veloce, lucido, determinato.
Ma si fermò a pochi centimetri dal cambiare la storia.
L’attentato a Donald Trump, un anno fa, finì in un nulla di fatto (chissà se prendeva una strada diversa).
Ma nel frattempo, la vera arma era già stata sparata da tempo.
Invisibile, ripetitiva, subdola.
Steve Bannon, per capirci, quello che, come disse qualcuno, “se gli dai una redazione, ti restituisce una trincea armata fino ai denti”, nel 2019 spiegava la sua strategia così: “I media sono l’opposizione. E siccome sono stupidi e pigri, possiamo colpirli ogni giorno con tre cose diverse. Loro abboccano a una, e il nostro lavoro è fatto“.
Bang, bang, bang.
Un metodo. Un ritmo.
Il punto non è la verità.
Il punto è l’inondazione.
L’attenzione pubblica va bombardata: “devi asfaltarla prima che qualcuno ci costruisca un pensiero critico“.
Questa strategia ha fatto scuola.
Anche da noi, in Italia, ci si allena tutti i giorni al tiro rapido.
Un giorno si spara su Bruxelles che ci vuole vietare il vino, il giorno dopo sulla carne sintetica, poi tocca ai cinghiali, poi agli sbarchi, poi di nuovo all’utero in affitto, poi si ritorna su chi ci vuole far mangiare gli insetti.
L’importante è che ci sia sempre un nemico.
O un allarme.
O un nemico travestito da allarme.
Nel governo Meloni, il proiettile mediatico viaggia spedito.
Giorgia arringa con toni epici, come se fosse sempre alla vigilia dell’apocalisse.
Salvini cambia divisa a seconda della regione.
Il cittadino?
È lì, nel mezzo, frastornato.
Non ha il tempo di distinguere il vero dal falso, il serio dal grottesco.
È troppo impegnato a capire se oggi deve indignarsi per una ONG, o per un insegnante che fa la drag queen nel corteo del gaypride o per la carbonara con la panna.
E così si va avanti.
Bang, bang, bang.
Ogni giorno un colpo.
La realtà si appanna, la percezione prende il sopravvento.
Non importa cosa sia vero, importa solo cosa sembra.
Un meme vale più di un fact-checking.
Un video su tiktok vale più di una conferenza stampa.
E se qualcuno prova a dire: “Scusate, ma secondo me è tutto un po’ esagerato”, lo guardano come se stesse spoilerando la fine dell’ultimo film di Sorrentino
Non c’è più tempo per i pensatori, solo per i tifosi.
La verità è che la strategia del proiettile funziona.
E può succedere anche da noi.
Anzi, forse è già successo.
Sta succedendo.
Perché, alla fine, questo gioco riesce solo se ci crediamo.
Ma se ci crediamo davvero… allora il problema non sono più loro.
Il problema siamo noi.
