Lavoro,Dignità, Speranza e (anche e sopratutto) Vita
“Il lavoro è l’unico mezzo per rendere reale una speranza.”
– Don Luigi Ciotti
Quando ero piccolo, guardandomi intorno, pensavo che il lavoro fosse una faccenda da grandi. Una di quelle cose serie che non mi riguardavano. Poi i miei iniziarono a chiedermi di dare una mano in casa: prima piccole commissioni, poi incarichi sempre più frequenti. E lì ho capito una cosa: il lavoro non è solo “roba da adulti”.
È quella forza invisibile che ti fa alzare la mattina anche quando fuori diluvia, che ti fa controllare l’orologio alle 10:04 con la speranza che siano già le 18:00. Ma è anche, a volte, quella scintilla che ti fa dire: “Oggi ho fatto qualcosa che valeva davvero la pena.”
Oggi, Primo Maggio, festeggiamo chi lavora, chi ha lavorato, chi lo cerca e chi, con ostinazione commovente, continua a crederci. Sì, anche quelli che si dicono “freelance” ma poi aspettano ancora di essere pagati da un cliente da febbraio del 2022.
Oggi, Primo Maggio, c’è una domanda a cui rispondere:
La Tecnologia e l’Intelligenza Artificiale, sono nemici o alleati del lavoro?
L’intelligenza artificiale spaventa e affascina. È come quei colleghi che sanno fare tutto, o almeno dicono, lavorano h24, non prendono ferie… e che però hanno bisogno di te per spiegargli cos’è davvero il buon senso.
La verità è che AI e automazione non sono il nemico. Lo è semmai una società che dimentica che dietro ogni software c’è un essere umano con sogni, bollette, figli, e magari un mal di schiena cronico da sedia economica ordinata su temu.
Usata bene, la tecnologia non ci ruba il lavoro, ma ci libera da quello inutile, alienante, ripetitivo. Quello che normalmente ti fa pensare “sono nato per questo?” mentre compili per l’ennesima volta lo stesso foglio Excel.
E può soprattutto diventare uno strumento di inclusione, a patto che si ascolti chi ogni giorno si confronta con barriere fisiche, sensoriali, cognitive. Non è solo questione di “accessibilità informatica e digitale”, ma di accessibilità della vita.
Infatti troppo spesso si parla di disabilità come un problema da risolvere, mai come una risorsa da comprendere. Le persone con disabilità ci insegnano ogni giorno la resilienza, la creatività, la capacità di adattamento: tutte competenze che nelle aziende si pagano oro… ma che raramente vengono riconosciute a chi non rientra nei “parametri standard”.
In un mondo dove tutto corre, la lentezza di alcuni è un invito a guardare meglio. Dove tutto si misura in performance, la fragilità può diventare intelligenza emotiva. E dove tutto è automatizzato, la relazione umana è la vera rivoluzione.
Non possiamo parlare di un lavoro dignitoso se non c’è spazio per chi non corrisponde al modello “prestazionale” dominante. Il vero progresso sarà quando l’inclusione non avrà più bisogno di slogan, ma sarà normalità. Quando non diremo “lui lavora nonostante la disabilità”, ma “lui lavora, punto”. Dovremmo avviarci verso una nuova cultura anche del lavoro
Sogniamo un mondo dove il lavoro sia più smart (non solo nel nome delle riunioni online che iniziano sempre con “mi sentite?”), più umano e meno frenetico. Dove si lavori per vivere, e non il contrario. Dove si capisca che l’intelligenza artificiale è nata per affiancarci, e non ci faccia stressare peggio di un capo il lunedì mattina.
Un mondo dove la diversità sia la base, non un’eccezione. Dove i robot non vincono premi aziendali, ma aiutano chi ha bisogno a svolgere le sue mansioni in autonomia. Dove ogni persona, qualunque sia la sua condizione, possa dire: “Questo lavoro mi rappresenta. E sì, anche oggi ne è valsa la pena.”
Per non farla troppo lunga, penso che il lavoro, per essere vero, deve essere libero, dignitoso, sostenibile e umano. Tutto il resto, compresi gli open space con sedie scomode, i badge che non funzionano mai, e le video call alle 19:30, sono effetti collaterali da ridiscutere.
Perché ci dobbiamo impegnare affinché il futuro del lavoro non lo decidano solo gli algoritmi. Possiamo farlo con la conoscenza e la consapevolezza, e con tutte le scelte che mettano le persone, tutte le persone, al centro.
Buon Primo Maggio.
E che il lavoro sia con voi (ma anche un po’ di riposo, che dite?).
“La tecnologia da sola non basta. È la tecnologia più le persone, con i valori giusti, che fanno la differenza.”
– Sundar Pichai 1
- Sundar Pichai è il CEO di Alphabet Inc., la società madre di Google. Nato in India nel 1972, è cresciuto in una famiglia modesta e ha studiato ingegneria prima in India, poi negli Stati Uniti. ↩︎
